13 agosto 2013

Cavaliera e Monte la Faggeta

Siamo oramai a un mese e mezzo dal Superenduro di Palazzuolo sul Senio, gara in MTB che richiama da molte parti d'Italia riders con spiccate doti discesistiche e con una ottima preparazione atletica in quanto sono estremamente fisiche. Andrea (Pelo), presidente della SenioBike, mi dice che per queste settimane non ci sarà in quanto finalmente è in vacanza con la sua famiglia e ci chiede se magari con Meo si va a fare una "piluccatina" (tradotto: manutenzione) ad alcuni sentieri che saranno interessati dall'evento: Meo è una persona come poche ne ho avuto l'occasione di conoscerle e non esagero a dire che è unico al mondo. Una spiccata sensibilità verso l'ambiente, sincero, gran lavoratore, amante della  natura e vero e proprio "braccia" della SenioBike. Martedì mattina siamo davanti al Bar Gentilini di Palazzuolo e d'accordo con Live, Marco e altri ragazzi della SenioBike (ci sono anche due ragazzini nemmeno 14cenni di Palazzuolo con i decespugliatori in mano!!!! Altra categoria!!!!) decidiamo di dividerci per pulire il tratto dei Prati Piani (PS1 per chi fosse interessato): io, Marco, Live e Meo decidiamo di andare da metà in su per provare anche di pulire, se arriviamo, un altro tratto soprastante ai Prati Piani che è sempre stato un filino trascurato a livello di manutenzione. Così partiamo in tromba e a mezzogiorno siamo già a Prati Piani. Non contenti decidiamo così di provare a pulire il tratto che dai Prati Piani va verso La Faggiola. Comincia a piovere ma la nostra perseveranza fa sì che non sentiamo, nonostante sia il 14 di agosto, la temperatura che si è abbassata bruscamente e che si amalgama alle nostre maglie intrise di sudore e di acqua. Obiettivi comuni contro intemperie. finiamo la miscela e quasi arrivati in cima al sentiero, giriamo il culo e muoviamo a ritroso verso valle dove avevamo cominciato. Siamo fuori da oramai 11 ore. Siamo stanchi ma felici. Estremamente felici. Non c'è gioia più immensa di fare qualcosa assieme. Di lavorare in sincrono. Di ridere e scherzare. Quantificare la felicità dopo che abbiamo realizzato una tale mole di lavoro è difficile da far capire. Solo provandole si capisce.
Così arrivati a Palazzuolo, con Live ci salutiamo, mentre con Meo e Marco optiamo per una doccia veloce a casa di Meo e una buona pizza che francamente stasera ci sta tutta! Arriviamo così stanchi e affamati in pizzeria che oramai comincio a dar morsi alle posate. Meo si gira verso un tavolo. Scuote la testa e comincia a borbottare. Non capisco perchè... ma nel momento in cui mi volto anch'io capisco all'istante lo stato di insofferenza che ha Meo....

Mi chiamano Fabrizio e Marco, in quanto hanno un'insana voglia di girare. E viste le condizioni meteo decidiamo di puntare a quel bellissimo sentiero che è Cavaliera.
Martedì mattina io e Marco  prendiamo il treno sino a Crespino del Lamone, mentre Fabrizio decide di arrivare nel paese in macchina.

Il treno viaggia verso Crespino

Alle 7.00 siamo così davanti alla fonte antistante al chiosco di Crespino. Fabrizio è già lì pronto per partire. Riempiamo la sacca idrica. Due panini al Bar di Crespino e via! Si sale lungo le rampe della statale sino al Passo della Colla. La temperatura è favolosa. L'umore e le gambe girano a mille! 


Presso "La Girata dei Preti"

Arrivati alla sella della Colla di Casaglia, giriamo a dx verso Prato all'Albero. Da Prato all'Albero prendiamo a sx la bella forestale che ci porta in un battibaleno al rifugio Capanna Marcone.

Capanna Marcone

La luce penetra timidamente tra le fronde dei faggi: qui siamo in un'ambiente del tutto uguale alla vicina zona del Casentino. Faggi che si ergono a colonne del cielo. 


La faggeta del complessa demaniale Colla-Giogo

Da qui giriamo a dx lungo un bellissimo sentiero che penetra all'interno di una vallatina ancora al buio visto l'ora. Una bellissima faggeta copre il terreno circostante. Il sentiero costeggia un affluente del Torrente Rovigo, regalandoci guadi e cascate nascoste tra le fronde degli alberi. Qualche passaggio ostico finale e siamo proprio sul Torrente Rovigo. Siamo al Mulino dei Diacci!

Mulino dei Diacci

Da qui risaliamo con bici in spalla verso prima la Cascata dell'Abbraccio e poi al rifugio i Diacci (foto e resoconto QUI). Dai Diacci, purtroppo chiuso, proseguiamo diritti a noi per andare a prendere il sentiero CAI 739. Dico ai ragazzi di mettere le protezioni in quanto da qui comincia l'antipasto dello show. Dopo qualche passaggio hot, ci troviamo lungo un tratto di arenaria scoperto probabilmente da una vecchia frana. La vegetazione assente fa sì che possiamo ammirare la zona di Monte Acuto.

Sopra Pian di Rovigo guardando Monte Acuto

Rientriamo in faggeta. Il sentiero è splendido: alterna brevi discese a dolci tratti pedalati. L'ambiente è favoloso. In men che non si dica siamo davanti ai ruderi di casa Cavaliera. 
Da qui comincia il sentiero CAI 741, il sentiero che ad oggi è al primo posto tra tutti i sentieri che per ora ho fatto. Perchè? Ambiente unico, sentiero, storicità, emergenze ambientali incredibili. Ma andiamo per ordine... Appena partiti una serie di tornanti si buttano all'interno della valle con una scenografia spettacolare che è quella della vallata del Rovigo, dove il tempo ha levigato le pareti di arenaria creando un anfiteatro colossale.

L'ambiente selvaggio della Val Rovigo

Un capanno all'interno dello scenario arenaceo della Val Rovigo

Il sentiero non è mai banale e ricco di passaggi tecnicamente impegnativi: qui le capacità trialistiche sono d'obbligo e fortunatamente il terreno è asciutto, se no con tutte quelle pietre levigate sarebbe veramente dura affrontarlo in condizioni di bagnato!

Marco lungo un tratto di quel che resta della vecchia mulattiera


Nervi saldi e ottime capacità di guida richiede questo sentiero

Fabrizio e Marco sono gasatissimi. Una sosta a far due chiacchere con un gruppo di escursionisti di Palazzuolo e via! Il sentiero è davvero straordinario: numerose piazzole di carbonaie, muretti a secco ciclopici e resti della vecchia mulattiera danno un sapore di vissuto come pochi ce ne sono. Qui il sudore e la fatica di chi ha usufruito di questo sentiero vibra ancora in questa vallata. Sono contento e emozionato ogni volta che ritorno qui.
Arrivati in fondo, giriamo a sx lungo un sentiero poco ciclabile. Lasciamo le bici dietro un enorme masso e ci incamminiamo a piedi. Un guado. Qualche sasso da scavalcare e poi arriviamo a quel che è per me un autentica meraviglia della natura. La cascata del Tanagone. La cascata del torrente Rovigo!

Il Tanagone martedì...

Cascata del Rovigo
... e il Tanagone questa primavera!

L'ambiente è favolso dove è inserita questa cascata: migliaia di massi caduti dalle pareti creano un gioco "cubista" prima di arrivare alla cascata. Pareti imponenti che si stagliano sopra di essa con il suo color  grigio dominano le acque limpide della pozza che si è venuta a formare per l'effetto dinamico dell'acqua. Incredibile! Rimango pietrificato da tanta bellezza.
Anche qui qualche temerario prova a tuffarsi nelle sue gelide acque, ma deve far subito ritorno al di fuori di essa, in quanto l'acqqua qui è davvero fredda!
Mangiamo un boccone e riprendiamo le bici. Ora c'è da fare quella chicca di sentiero lungo fiume che ci porterà sino al Mulino della Lastra. E Fabrizio sembra gradire notevolmente.

Il lungofiume del torrente Rovigo

Arriviamo così, dopo un tratto al bel complesso del Mulino della Lastra. Qui il fiumiciattolo si allarga notevolmente. Tanti i bagnanti che si crogiolano al sole lungo le sue sponde. Anche qui il fiume crea meravigliose insenature e l'acqua, da quanto è pulita prende colori che variano dal verde all'azzurro.

Il torrente Rovigo

Ortensie davanti al Mulino della Lastra.

Fabrizio annusa in aria un profumo insistente ma decisamente da far venire l'acquolina in bocca: dalla casa arriva l'odore di un soffritto e quasi ci precipitiamo in casa di questi signori con cui facciamo una chiaccherata. Dopo aver fatto rifornimento d'acqua nella fontana adiacente alla struttura, dico al proprietario di casa da dove vorrei passare: da poco prima di Fontanelle c'è uno stradello (così mi ha detto Meo) che porta a Pian dell'Aiara. In parte mi ha detto Meo che si fa e francamente, visto che è mezzodì passato, non ho molta voglia di affrontare la mulattiera che sale da Casetta di Tiara (mortalissima!!!). Il proprietario mi guarda con una faccia mista a stupore e dice "Ma siete sicuri? Guarda che quella tira da morire!". Io dico che di strade dure a salire ne facciamo spesso e che non si deve preoccupare. Lui alza le spalle e noi giriamo a dx verso Fontanelle. Come giriamo la strada ci da il benvenuto con una serie di strappi da cappottamento.

Verso Fontanelle

Ma poco prima di una seconda sbarra (quella che vedete in foto... Marco l'ho fermato se no avrebbe sfilato il sentiero), comincia la parte più o meno explò di giornata, ovvero il taglio sino a Pian dell'Aiara. Comincia così un sentiero in forte ascesa, duro come pochi, ma in buona parte (per chi ha gambe e fiato) pedalabile. La salita è durissima e sento ritmicamente il fiatone di Marco e Fabrizio che seguono. Ma è una fatica ampiamente appagata dallo scenario circostante: un castagneto enorme con castagni plurisecolari, oramai in stato di abbandono. Le loro fronde leniscono la calura e possiamo procedere se pur a fatica verso l'agoniata Pian dell'Aiara.

Si sale a fatica tra castagni mastodontici

Pian dell'Aiara oramai in abbandono totale

Pian dell'Aiara doveva essere una casa molto importante, sia per le dimensione del fabbricato (c'è anche una cappella antistante) sia per le dimensioni del terreno posseduto. Da qui comincia una carrareccia che porta al bivacco (chiuso!!!) di Cà di Cicci.

Cà di Cicci

Dobbiamo ancora salire e la salita si presenta anche qui bella tosta, ma i panorami, lasciatemelo dire, sono da sballo!

Salendo da Cà di Cicci

Arrivati ad un incrocio giriamo a dx verso il Passo della Sambuca. Qualche strappo ancora e siamo sulla asfaltata del passo sopracitato. Scendiamo verso Palazzuolo e alla croce che domina la strada, giriamo a dx lungo la vecchia mulattiera che congiungeva Palazzuolo sul Senio alla zona del Passo della Colla. Prima però rimaniamo un pochetto a guardare i crinali ovest di Palazzuolo, che a pettine, scendono su di essa.

Guardando verso Palazzuolo sul Senio

Saliamo la dura mulattiera e dopo aver passato un cancelletto, prendiamo il sentiero CAI 505 in direzione Frassinello. Cominciamo ad essere stanchi e le gambe "cigolano" un po, ma questo tratto è splendido e di colpo troviamo le energie per affrontarlo.

Fabrizio verso il Frassinello

Arriviamo, dopo una lunga parte tra felci alte un metro e mezzo, alla zona panoramica di Frassinello.
Fabrizio e Marco sono in contemplazione e ammirano lo scenario che hanno di fronte ai loro occhi.

Fabrizio indica la zona di Lozzole e il suo crinale

Il panorama da Frasinello

Poco più avanti giriamo ad un paletto verde in ferro a dx sempre sul CAI 505. Fabrizio si accorge che sono già le 15.00 e a malincuore chiede se è fattibile un taglio verso Casaglia in quanto ha degli impegni per la serata. Certo gli diciamo noi. E con forte disappunto si scusa tantissime volte perchè pensava di chiuderlo prima questo giro. "Non ti preoccupare - gli diciamo noi - siamo noi che non ti abbiamo detto quanto sarebbe stata lunga la giornata!". Abbiamo anche sete e dopo una breve deviazione alla fonte del Rovigo, decidiamo che forse acqua sino a Casaglia non si farà...

Forse nel 2030 sarebbe piena la sacca idrica?

Così saliamo al Monte Faggeta e dopo aver messo le protezioni, ci dirigiamo lungo il CAI 547 a tutta sino a Casaglia: il sentiero è spettacolare, in cui alterna tratti ostici a bellissimi tratti flow in mezzo alla pineta.

Giù per il 547

Arrivati a una conformazione di arenaria completamente priva di vegetazione, giriamo a dx lungo una vecchia mulattiera scassatissima che ci porta in breve a Casaglia.

Verso Casaglia

Siamo a Casaglia! Fabrizio ci abbraccia e ci ringrazia per il bellissimo giro. E' ora di lasciaci purtroppo con lui. Ma è solo un arrivederci!
Noi da canto nostro abbiamo una seta immane. Io dico "Siamo a Casaglia no? E facciamoci una birrettina!!!".

Son soddisfazioni!

Ci mettiamo fuori dal circolo di questo paesetto quando due signori di una certa età ci chiedono che giro abbiamo fatto, cosa abbiamo fatto, ecc.. Sono molto incuriositi dalle nostre biciclette che sembrano a parer loro delle "moto con i pedali" e per l'appunto cominciamo a parlare di un po di tutto. Quando conosco personaggi così vissuti e ho la fortuna di trovare persone così aperte vado in uno stato da "brodo di giuggiole". Parliamo e parliamo di tutto quello che c'è della zona, a cosa serviva, di chi ci è stato. Un fiume di parole che anche Marco non smette di arrestare.

Dialogo tra nuovi amici

Vorrei rimanere a parlare per tanto tempo con loro, ma dobbiamo anche andare. Un saluto e via. saliamo lungo i Prati di Casaglia per poter riprendere il sentiero precedentemente abbandonato per arrivare a Casaglia. Un ultimo strappo verso il Pentolino e siamo di nuovo sul sentiero. Qui si può ammirare in tutta la sua maestosità il complesso dell'Archetta che scende sino a Crespino del Lamone.

Il Pentolino

Il complesso arenaceo dell'Archetta

Siamo stanchi, ma questa parte di sentiero è favolosa per non essere fatta: tutto un flow filante (con un breve strappo assassino) in pineta e tra la vegetazione bassa tipica del nostro appennino.

Marco slaolomeggia tra i pini neri

Siamo in estasi totale. E Marco lo dimostra ampiamente!

Yeah!

Un ultimo tratto bello rotto e siamo a Crespino del Lamone!

Verso Crespino!

Siamo in fondo finalmente. Guardo il GPS che segna 39 km e 1700 m di dislivello. Che super giro! Marco annuisce e batte il cinque.
Andiamo in stazione per vedere a che ora c'è il primo treno che ci può portare a casa. C'è ancora un'ora di tempo prima che arrivi il treno, quindi.... si brinda!!!!

Prosit!

Dissetati e ampiamente felici per il giro concluso, ci avviamo a prendere il treno. Saliamo a bordo e dopo una ventina di minuti siamo a casa. Marco mi saluta e mi dice che domani sarà a casa mia, per l'appunto, molto presto per andare a fare manutenzione al tratto di cui all'inizio vi ho parlato.
Mi vien da pensare anche oggi a quant cose abbiamo visto e stento ancora a credere di aver passato una simile giornata.

Ritornando a quanto dicevo all'inzio, guardo per l'appunto quel tavolo dove siedono quei bambini. Loro stanno giocherellando con il loro telefonino. Non un telefono solo, ma ognuno con un bel telefono grande quanto un libro. Ognuno perso nelle proprie fantasie. Distaccati dal mondo e connessi in un mondo tutto loro. Dall'altre parte del tavolo vedo i loro genitori intenti a parlare tra di loro, senza preoccuparsi più di tanto dei propri figli. Nessun dialogo con i bambini se non per dirgli che è arrivata la pizza. Sono basito... e non è la prima volta. Poco dopo vedo uscire una ragazza che inciampa proprio perchè sta guardando il cellulare.
Mi vien da pensare anche a domenica quando sempre io e Meo eravamo intenti a pulire un altro sentiero a Palazzuolo: a fine sentiero una coppia di ragazzini, più o meno sedicenni, era intenta a guardarsi un filmato sul cellulare. Anche lì Meo scuotè la testa. Ma come è possibile che invece di farsi un giro a piedi, parlare tra loro o anche solo darsi un bellissimo bacio tra morosi, si debba perdere tempo davanti a tutto ciò? Perchè? Perchè????!!!!
Forse perchè parlare o raccontare o giocare è troppo impegnativo?
Come mai questi bambini e anche questi adulti si assomigliano sempre di più nel modo di fare, nel modo di esporsi e nel modo di insegnamento?
Non esiste più il genitore che porta il proprio figlio a dialogare? Non esiste la parola giocare in modo sano e attivo, invece che delegare (lo dico due volte: delegare!) tutto ciò a un banalissimo strumento che invece di renderli partecipi li rendi isolati come mai si era visto prima?
Perchè tutto ciò? Chiedetevelo sopratutto voi genitori e fate una bella autocritica su ciò. Perchè questi problemi partono proprio da dentro le mura di casa.
Mi viene da pensare a quel dialogo che abbiamo avuto al Mulino della Lastra o a quello a Casaglia con quelle persone che ci chiedevano di ogni e noi facevamo alla stessa maniera con loro. La comunicazione moderna si è insinuata haimè troppo in uno spazio virtuale per dialogare con il prossimo, quando il dialogo non è solo il semplice gesto del parlare, ma sta anche in un gesto, nel'imitare un movimento, nel saper ascoltare e richiedere cosa vuol dire. Vedere quei bambini chiudersi attorno a quei telefonini fa male, tutt'al più davanti a genitori così ignoranti nel non saper più parlare ai propri figli solo per potersi fare gli affari loro. Che tristezza.
Ma quando vedo gente come Meo che si indigna per ciò, mi rallegro in parte perchè fortuna vuole che conosca gente come lui. Persone che sanno trasmetterti ancora dei sentimenti. Persone che ti insegnano e ti aiutano nelle difficoltà. Persone che hanno un modo di approcciarsi alla realtà in maniera calda e ben voluta. Persone che fanno e sanno fare.
Perchè alla fine volenti o nolenti è così. C'è chi vive la propria vita guardando cosa fa la massa e credendola sensata e c'è chi la propria vita e il proprio tempo non lo spreca guardando a cosa fa la massa e ls usa oltre che per se, anche per gli altri. Una vita piena. Una vita vera!

Meo


La traccia la potete scaricare da QUI.

By Teddy


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